Servizio di consulenza M&A

Negli ultimi anni in Italia abbiamo assistito ad un consistente incremento di operazioni societarie straordinarie, come fusioni ed acquisizioni – Merger & Acquisition o M&A – per un controvalore che sfiora i 60 miliardi di euro l’anno.

Il maggior numero di acquisizioni, con ingresso di fondi di investimento nel capitale di aziende storiche e di aggregazioni industriali, merita una valutazione approfondita.

Tale situazione trae origine da motivazioni di carattere storico e strutturale del nostro mercato interno, costituito da una moltitudine di aziende, altamente appetibili per tipologia di business, molto riconosciute sul mercato e con un elevato know-how, ma di medio-piccole dimensioni e spesso con un prossimo passaggio generazionale da affrontare.

Lo scenario si è rapidamente modificato negli ultimi anni, complice la situazione di stress economico e finanziario derivante in primis dall’incremento costante del costo delle materie prime e dei trasporti, dalle stringenti misure di contenimento della pandemia imposte dal governo, così come dalle contingenti incertezze geopolitiche della guerra in Ucraina e dal conseguente incremento dei costi energetici.

Le rapide modificazioni dello scenario economico internazionale impongono alle imprese di prendere delle decisioni in tempi rapidi, come mai avvenuto nel recente passato, e le medio-piccole aziende Italiane, finora ossatura del tessuto economico nazionale, presentano elementi di alta vulnerabilità in un contesto così instabile, perché non adeguatamente dotate sotto il profilo patrimoniale e finanziario, perché gestite da un management con competenze professionali adeguate ma circoscritte, perché non hanno una visione del mercato internazionale, perché non sono sufficientemente strutturate sul piano amministrativo.

Molti imprenditori, consapevoli delle rapide modifiche dei paradigmi di mercato e della fragilità della propria azienda in un cotesto così mutevole, hanno preso delle decisioni, spesso dolorose, ma sicuramente coraggiose, come quella di passare il testimone ad un partner industriale o ad un fondo che, dotato di risorse adeguate, di un management preparato e di un accesso privilegiato mercato internazionale, sia in grado di garantire la competitività della propria azienda nel prossimo futuro.

La cessione d’azienda è motivata dal combinato disposto di diversi fattori, tra cui l’offerta economica dell’acquirente, spesso superiore a quanto si possa spuntare in una negoziazione commerciale tra operatori del settore (è ad esempio il caso delle farmacie, dove la competizione di più operatori istituzionali interessati all’acquisto ha fatto lievitare le valutazioni in modo rilevante).

Non meno importante è la consapevolezza dell’imprenditore che la piccola dimensione aziendale non permetterà un confronto con competitors con elevate economie di scala.

Le possibilità che si presentano agli imprenditori nazionali, in questo momento, sembrano uniche nella storia economica degli ultimi 50 anni, in quanto la disponibilità di liquidità per investimenti di acquisizione non è mai stata così elevata, piuttosto la risorsa scarsa risultano le aziende dotate di buoni fondamentali economici-patrimoniali e finanziari, tanto ricercate e supervalutare.

Il target appetibile per l’acquisizione da parte di fondi sono realtà aziendali manufatturiere con fatturati a partire dai 15 milioni di euro, con una esposizione finanziaria netta positiva e con un MOL superiore al 10%, tuttavia si registra un crescente interesse anche verso aziende di minori dimensioni in termini di fatturato se operanti in settori considerati strategici.

Uno dei limiti riscontrati nelle transazioni commerciali da parte dei potenziali acquirenti risulta la scarsa attitudine delle target nel rendere disponibili in tempi rapidi e compatibili con una negoziazione i propri dati gestionali, non per un’astratta e generica insipienza di quest’ultime ma perché poco strutturate a livello amministrativo e non in grado di sostenere un processo di due diligence estremamente accurato, al termine del quale si determineranno i valori alla base della transazione, già formalizzati in termini generali nel memorandum of understanding.

C’è quindi un grande richiesta di aziende target a fronte di una scarsità – come sopraccennato – di realtà idonee ad essere acquisite.

Fasi dell’attività in operazione di M&A

Prima di avviare qualsiasi attività di ricerca di potenziali clienti, è necessario valutare compiutamente la realtà aziendale, riguardo i fondamentali economici e finanziari, pregi, potenzialità e limiti dell’organizzazione interna, e la tipologia di business, così da poterne capire l’appetibilità e il giusto valore e conseguentemente selezionare i migliori referenti possibili, in funzione delle esigenze rappresentate dalla proprietà.

Dopo un primo incontro conoscitivo, se l’imprenditore è seriamente intenzionato a procedere nel percorso di vendita della propria azienda, viene sottoscritto un accordo di riservatezza (NDA) con cui l’advisor si impegna a non divulgare fatti o informazioni a terze parti non interessate alla transazione per poi valutare e selezioneremo con la proprietà i possibili scenari.

Qualora questa prima fase abbia esito positivo verrà formalizzato un contratto di consulenza ed assistenza professionale (anche detto di business transaction) che prevedrà una componente di compenso fisso in funzione delle singole attività che verranno svolte, prodromiche alla vendita (retainer fee), e una parte di compenso variabile in funzione del valore complessivo della transazione (variable fee).

Si passa quindi alla redazione di un teaser consistente in un prospetto pubblicitario-informativo contenente i principali dati e caratteristiche aziendali in forma anonima, che verrà utilizzato dall’advisor per suscitare l’interesse di potenziali investitori.

Individuato il partner della negoziazione, prima di divulgare l’identità dell’azienda, gli verrà richiesto di siglare un accordo di riservatezza (NDA) volto a mantenere la riservatezza della trattativa salvo l’addebito di penali.

Fino a questo momento il potenziale acquirente conoscerà solo di dati pubblici dell’azienda, coperti dal Non Disclosure Agreement di cui sopra.

Si passerà quindi alla stesura di una lettera d’intenti (anche detta Memorandum of Understanding) che disciplinerà le fasi principali e gli elementi salienti della negoziazione, andando ad individuare il perimetro dell’acquisizione, il modello di calcolo del prezzo, le modalità di pagamento, le fasi e i documenti da analizzare nella successiva due diligence, le eventuali penali in caso di ritiro dalla negoziazione di una delle parti, le retentions di parte del prezzo a garanzia di eventuali successive sopravvenienze. Il MOU sarà il documento alla base della negoziazione e troverà la sua naturale collocazione nell’atto preliminare di compravendita.

Al termine di questa fase inizierà la due diligence da parte dell’acquirente che consisterà in una analisi da part del potenziale acquirente dei dati contabili, gestionali, organizzativi e legali del target.

I documenti da analizzare saranno già stati concordati nel MOU.

Al termine della due diligence il potenziale acquirente renderà noti gli esiti dell’esame condotto evidenziando il buon esito della verifica o eventuali elementi che potrebbero portare ad una revisione del prezzo se non anche ad un ritiro dell’offerta di vendita per evidenti anomalie rispetto a quanto prospettato.

Proprio per tali ragioni e per evitare successive contestazioni e spiacevoli perdite di tempo è importante che il MOU preveda con precisione gli obblighi contrattuali reciproci e definisca altresì le cause di possibile ritiro dalla negoziazione. Un esempio renderà meglio l’idea. Non è infrequente che un target presenti dei dati pubblici estremamente appetibili ma non sia in grado di dimostrare la correttezza della valutazione delle rimanenze, oppure non abbia stanziato per competenza tra i fondi rischi futuri oneri potenziali, ovvero presenti ancora un elevato profilo di rischio contenzioso con l’amministrazione finanziaria o con fornitori e clienti. Tali aspetti, se emergessero dopo l’inizio della trattativa potrebbero compromettere il buon esito dell’operazione in una fase successiva, per cui è compito dell’advisor individuare le vulnerabilità dell’operazione ancor prima di procedere con la selezione dei potenziali acquirenti.

A termine della due diligence verranno confermati o individuati i valori delle variabili alla base della costruzione del prezzo e si procederà quindi alla redazione dell’atto di compravendita che riguarderà nella stragrande maggioranza dei casi l’acquisto delle quote societarie, anziché l’acquisto d’azienda.

Proprio per tale ragione è indispensabile che l’operazione di cessione venga programmata con largo anticipo, e valutata negli aspetti fiscali e societari con puntualità, ad esempio, prevedendo lo spin off della parte immobiliare, la scissione del ramo d’azienda oggetto di cessione, la rivalutazione delle quote in capo a persone fisiche, la rivalutazione dei beni aziendali, ovvero il conferimento a realizzo controllato in una holding di partecipazioni delle quote oggetto di trasferimento.

Il processo descritto è cristallizzato e non prevede generalmente possibilità di deroga, per cui spesso gli imprenditori, volendo gestire tale procedura in via autonoma, tralasciano alcuni aspetti fondamentali, abbagliati da un’offerta potenzialmente irrinunciabile, così come tendono a considerare l’advisor non fondamentale per il buon esito dell’operazione, compromettendo spesso la riservatezza dell’operazione e congiuntamente anche l’aspetto reputazionale dell’azienda.

Il ruolo dell’advisor è quello di guida della proprietà per condurla al buon esito finale, coordinando una squadra di professionisti, in grado di coprire tutte le esigenze in ogni fase del processo di vendita o di acquisizione e in quest’ultimo caso aiutando successivamente l’acquirente nel processo di integrazione aziendale della nuova realtà.

FAQ

La cessione d’azienda è un’operazione fuori campo IVA ai sensi dell’art. 2 DPR 633/72, per cui in funzione del principio alternativa IVA / registro si applica l’imposta di registro ex art. 23 del DPR.131/86 (TUR).

Ai sensi degli artt. 2 e 9 della tariffa, parte I, allegata al TUR, per i trasferimenti di beni mobili e per gli altri non contemplati nella tariffa stessa, aventi ad oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale, si applica l’aliquota residuale del 3%.

Per la componente immobiliare è invece prevista un’aliquota ordinaria del 9% per gli immobili in genere e una del 12% se nell’azienda sono compresi terreni agricoli e relative pertinenze a favore di soggetti diversi dai coltivatori diretti o IAP iscritti nella relativa previdenza agricola.

La nuova formulazione dell’art. 20 del TUR (riformulato dalla L. 205/2017) prevede che l’imposta di registro è applicata secondo l’intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponde il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo nonché prescindendo da quelli extra testuali e dagli atti ad esso collegati.

Pertanto dovendo essere considerati unicamente gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, non può rilevare lo scopo economico perseguito dalle parti, quand’anche fosse quello di acquistare in via indiretta l’azienda della società compravenduta.

Tuttavia, l’Ufficio conserva il potere di contestare alle parti di aver concluso una vendita d’azienda, previo assolvimento dell’onere probatorio circa il fatto che esse abbiano perseguito la finalità di dissimulare un tale negozio dietro l’apparenza di una vendita di beni.

Il conferimento di beni ad eccezione del conferimento d’azienda, è un’operazione realizzativa (al pari della cessione) ai sensi dell’art. 9 del Tuir, a fronte della quale emergono delle plusvalenze derivanti dalla differenza positiva tra valore normale del bene (valore di mercato) e il suo valore fiscale. L’art. 177 del TUIR prevede al comma 2 l’istituto del realizzo controllato, secondo cui, le azioni o quote ricevute a seguito di conferimenti in società, mediante i quali la società conferitaria acquisisce il controllo di una società ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, n. 1), del codice civile, ovvero incrementa, in virtù di un obbligo legale o di un vincolo statutario, la percentuale di controllo sono valutate, ai fini della determinazione del reddito del conferente, in base alla corrispondente quota delle voci di patrimonio netto formato dalla società conferitaria per effetto del conferimento. Il regime del realizzo controllato non consiste, come è noto, in un regime di neutralità fiscale, rimanendo l’operazione realizzativa, ma definisce un criterio di valutazione delle partecipazioni ricevute da parte del conferente, al fine di quantificarne il concorso alla determinazione del reddito, basato sul valore del patrimonio netto formatosi in capo alla società conferitaria.

L’espressione inglese due diligence (in italiano: diligenza dovuta) indica l’attività di investigazione e di approfondimento di dati e di informazioni relative all’oggetto di una trattativa. Il fine di questa attività è quello di valutare la convenienza di un affare e di identificarne i rischi e i problemi connessi, sia per negoziare termini e condizioni del contratto, sia per predisporre adeguati strumenti di garanzia, di indennizzo o di risarcimento.

La due diligence aziendale consiste nell’analisi di tutte le informazioni relative all’impresa d’interesse (es.: caratteri della struttura societaria ed organizzativa, attività economica esercitata, dinamiche di mercato, fattori di rischio, strategie commerciali, procedure gestionali e amministrative, dati economici e finanziari, aspetti fiscali e legali).

Con riferimento ai singoli ambiti in cui la stessa realizza la propria funzione di raccolta ed analisi delle informazioni, possono convenzionalmente distinguersi le seguenti tipologie di due diligence:

  • contabile e fiscale (con i sottostanti processi di analisi economica e finanziaria dell’impresa target);
  • legale;
  • giuslavoristica;
  • ambientale.

La target mette a disposizione del potenziale acquirente la documentazione concordata in una data room, definendo regole e modalità di accesso tramite la sottoscrizione di una lettera d’intenti detta anche Memorandum of Understanding (MOU), nel quale verrà definito il perimetro della due diligence, i soggetti autorizzati all’accesso alla data room, la qualificazione delle informazioni riservate, l’obbligo di non divulgazione riferito ai dati acquisiti in data room, la modalità di consegna e restituzione delle informazioni.

La due diligence non è un processo di revisione contabile, nemmeno limitata, ma costituisce banalmente la mera acquisizione dei dati aziendali della target messi a disposizione dal management e la loro elaborazione ai fini aziendali nella prospettiva del potenziale acquirente. Ad esempio in un’azienda commerciale verrà data particolare importanza alla ripartizione dei ricavi per tipologia merceologica, per ripartizione territoriale e per clientela, analizzando con particolare attenzione la struttura e i costi relativi alla forza vendita: in particolare potrebbero essere analizzati i ricavi realizzati suddivisi per singolo agente, associati al relativo costo di agenzia, evidenziando il margine sulla vendita del prodotto o della categoria merceologica.

Per meglio comprendere i caratteri fondamentali dell’azienda target è opportuno predisporre un’apposita griglia orientativa (c.d. check list) per analizzare con progressiva profondità i vari aspetti aziendali e i mercati di riferimento.
Sotto l’aspetto metodologico, pertanto, l’attività di due diligence può essere suddivisa in tre distinte fasi:

  • predisposizione di una Check-List;
  • analisi della documentazione presso la Data Room;
  • predisposizione del Report conclusivo, sovente accompagnato da un prospetto di sintesi (c.d. “Executive Summary”) in cui vengono inserite unicamente le informazioni rilevanti per l’operazione da porre in essere, quali ad esempio una sintesi degli obiettivi della due dilgence e dei rilievi o eccezioni intercettati durante l’analisi e il MOL normalizzato e la PFN rettificata individuati come variabili della formula utilizzata nella determinazione del prezzo di trasferimento.

A tale scopo si utilizza lo strumento della scissione non proporzionale in cui ad esempio uno dei soci risulterà unico titolare delle quote di una nuova società beneficiaria (ad esempio a seguito di uno spin-off immobiliare), mentre gli altri soci godranno di un accrescimento delle quote nella società scissa in misura proporzionale al valore del patrimonio assegnato all’altro socio a seguito della scissione. Un esempio faciliterà la comprensione: la società Alfa è posseduta al 95% dal Socio X e al 5% dal socio Y. Il valore complessivo di Alfa è stimato in € 1.000. Il socio X vuole scorporare dalla Alfa la parte immobiliare, a suo tempo dallo stesso conferita, per cui l’assemblea delibera di scindere da Alfa il ramo immobiliare, attribuendolo alla società beneficiaria Beta. Il valore del ramo immobiliare è stimato in € 100. A seguito della scissione il valore della scissa Alfa si riduce a € 900. Il socio Y vedrà accrescere la propria quota in Alfa di € 5 pari al valore della quota di Beta che altrimenti gli sarebbe spettata in caso di scissione proporzionale, per cui la partecipazione in Alfa sarà così suddivisa € € 55 (50 + 5) Socio Y (6,1%) e € 845 950 − 100 − 5) Socio X (93,9%).

Il potenziale acquirente all’inizio delle trattative sottoscrive con il cedente un documento di riservatezza (Non Disclosure Agreement – NDA) impegnandosi a non divulgare o utilizzare le informazioni acquisite in fase di due dilignece. Contestualmente le parti sottoscriveranno una lettera d’intenti o compromesso di vendita (Memorandum of Understanding) che esprimerà l’impegno reciproco di proseguire con la trattativa e conterrà le clausole necessarie per regolare la compravendita dell’azienda. Il cedente fornirà quindi le informazioni e documenti necessari per la fase di due diligence che verrà effettuata in tempi rapidi (generalmente 1 mese). Al termine della DD si procederà alla stesura dell’atto di vendita. Tutte le fasi si concluderanno nel giro nella gran parte dei casi in un periodo di 3-6 mesi.

Il comma 4-ter dell’articolo 3 del TUS stabilisce che siano esenti dall’imposta sulle successioni i trasferimenti di aziende o rami aziendali, di azioni e quote sociali, che si realizzano (fra l’altro) mediante disposizioni mortis causa a favore dei discendenti e/o del coniuge dell’imprenditore o del titolare di partecipazioni quando vengono rispettate determinate condizioni, differenziate a seconda dell’”oggetto” del trasferimento.

Quando il bene che perviene all’erede per effetto della successione è un’azienda o un ramo aziendale, questi si deve impegnare a proseguire l’attività d’impresa per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento: tale impegno deve essere formalizzato in modo esplicito nella dichiarazione di successione.

Se invece ad essere trasferite sono partecipazioni in società di capitali, l’esenzione è condizionata al fatto che l’erede acquisisca o integri il controllo di diritto di cui all’articolo 2359, primo comma, n. 1), cod. civ., disponendo della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria. La norma impone anche in questo caso un periodo di monitoraggio quinquennale.

Un investment teaser è un breve riepilogo dei dati aziendali finalizzato ad un potenziale processo di vendita senza menzionare il nome della società target, al fine di mantenere riservata l’identità dell’azienda. Un teaser dovrebbe includere i punti di forza unici dell’azienda, assicurando al contempo che il valore dell’azienda sia compreso da un vasto pubblico. Una ricerca più ampia di acquirenti aiuta l’azienda target a ottenere il miglior affare possibile.

Quando un’azienda decide di avviare un processo di vendita, il primo e più importante obiettivo dell’azienda è ottenere il prezzo massimo di vendita. Per raggiungere questo obiettivo, la società investe dell’incarico di advisor banche d’investimento o consulenti M&A i quali preparano un documento professionale noto come “teaser”, in cui evidenziano l’attività, i dati finanziari, la crescita prevista, i clienti, ecc. dell’azienda per attirare potenziali acquirenti. In questo momento, l’azienda non vuole rivelare la propria identità e preferisce che ogni comunicazione rimanga confidenziale. Quindi, il “teaser” è preparato senza rivelare il nome dell’azienda.

Di seguito sono riportate le sezioni importanti che dovrebbero essere incluse in ogni teaser:

Panoramica del settore: una breve descrizione del settore e del panorama competitivo in cui opera l’azienda

Descrizione dell’attività: le capacità dell’azienda, insieme alla natura e al tipo di prodotti o servizi che offre ai clienti. Ci si deve assicurare che queste informazioni non vengano copiate direttamente dal sito Web dell’azienda, perché in tal caso il lettore potrebbe essere in grado di identificare l’azienda leggendo il teaser.

Posizione: È importante che il teaser menzioni l’ubicazione della sede dell’azienda. Ciò consente ai potenziali acquirenti di pensare da una prospettiva di sinergia o di considerare un accordo come un modo per entrare in un nuovo mercato.

Riepilogo finanziario: Questa sezione del teaser è molto importante, poiché molti investitori sono interessati solo a investire in società con un determinato profilo finanziario, come piccole società con ricavi da 5 milioni a 50 milioni, o grandi società con ricavi in un range da 100 milioni a 500 milioni. Il riepilogo finanziario fornisce anche previsioni sui margini EBITDA della società target e altre metriche finanziarie.

Motivazione dell’investimento: questa sezione descrive gli USP (Unique Selling Proposition, in italiano “Proposta unica di vendita”) della società e i motivi per cui gli investitori dovrebbero considerare l’acquisto dell’attività. Esempi di logica di investimento includono entrate ricorrenti, clienti aziendali, base di clienti concentrata, tecnologia più recente, piattaforme proprietarie, brevetti, ecc.

Panoramica dei clienti: Alcuni teaser mettono in evidenza anche alcuni dei clienti dell’azienda, soprattutto se sono marchi importanti del settore, per creare credibilità per l’azienda.

Struttura della transazione: questa sezione tratta la natura della transazione prevista dal venditore. Potrebbe trattarsi di una vendita completa dell’attività, di un scorporo, di un finanziamento, ecc.

Informazioni sugli advisor: Il teaser menziona anche se il processo di vendita è intrapreso da una banca esclusivo o è una joint venture di due o più banche. Vengono citati anche i recapiti degli advisor, in modo che un potenziale acquirente possa facilmente mettersi in contatto con loro per qualsiasi tipo di informazione o chiarimento possa chiedere.

Nelle fasi iniziali di un’operazione di M&A è normale che le parti della transazione concludano un accordo di non divulgazione (NDA) anche denominato “Accordo di riservatezza” o in inglese “Confidentiality agreement”.

L’obiettivo dell’NDA è quello di garantire la riservatezza dei segreti commerciali dell’azienda target.

L’NDA regola in particolare quali informazioni devono essere consegnate al potenziale acquirente e come devono essere trattate, inoltre, sono regolate le conseguenze legali in caso di violazione dell’NDA da parte del potenziale acquirente e/o dei suoi consulenti.

La forma dell’NDA dipende anche da chi è il potenziale acquirente (ad es. investitore, potenziale partner strategico o concorrente).

Il contenuto dell’NDA è generalmente il seguente:

  • Informazioni confidenziali: Per informazione riservata si intende qualsiasi informazione definita tale dall’interessato. Il venditore ha interesse a includere nella definizione di “informazioni riservate” tutte le informazioni, indipendentemente dal tipo e dalla forma (scritta, orale, elettronica), che vengono divulgate in tutte le fasi dell’operazione di M&A. Anche le informazioni che sono incluse nei documenti dai consulenti (come la due diligence e le eventuali relazioni del consiglio di amministrazione) dovrebbero essere incluse in nell’NDA.
  • Esclusioni: Le informazioni non riservate sono generalmente definite come segue:
    • Informazioni pubblicamente note al momento della divulgazione;
    • Informazioni che diventano pubblicamente note dopo la conclusione dell’NDA;
    • Informazioni divulgate dal venditore al potenziale acquirente su base non riservata;
    • Informazioni divulgate al potenziale acquirente da una terza parte;
    • Informazioni generate dal potenziale acquirente stesso.
  • Obbligo di riservatezza: Il cuore di ogni NDA è l’obbligo di riservatezza che specifica che le informazioni riservate non possono essere divulgate a terzi senza il previo consenso del venditore. Le informazioni fornite devono essere:
    • trattate in modo confidenziale
    • comunicate solo a un ristretto gruppo di persone
    • utilizzate solo ai fini della due diligence e dell’ulteriore attuazione dell’operazione.

    Si raccomanda di inserire nell’NDA una specifica esclusione dall’obbligo di riservatezza per le informazioni la cui divulgazione è richiesta dalla legge, da una decisione del tribunale o da una specifica norma. In tal caso la specifica divulgazione di informazioni riservate non costituisce una violazione dell’NDA. Tuttavia, dovrebbe essere regolamentato un diritto per la divulgante di essere informata e, se necessario, anche di essere coinvolta.

  • Parti contraenti: Di solito con l’NDA il venditore (generalmente indicate come “Disclosing party”) impone un obbligo di riservatezza nei confronti del potenziale acquirente (anche “Receiving party”).
    Nel caso di operazioni in cui intervengono in via intermedia altre parti, occorre valutare se queste debbano (anche) essere incluse come parti dell’NDA.
    È opportuno garantire che le persone che non sono parte dell’NDA, se necessario, siano incluse nell’ambito di protezione dell’NDA. Ad esempio nel caso in cui la società target e il venditore debbano rimanere inizialmente anonimi, nel contesto di una procedura di offerta, l’accordo di non divulgazione può essere concluso con i consulenti del venditore al posto del venditore.
  • Destinatari: È nell’interesse del venditore mantenere il più piccolo possibile il gruppo di destinatari delle informazioni riservate e consentire che le informazioni vengano trasmesse solo a coloro che hanno bisogno di conoscerle per esaminare e valutare la transazione.
    Il potenziale acquirente di solito avrà interesse a essere autorizzato a trasmettere le informazioni ai propri dipendenti all’interno delle proprie società affiliate e ai suoi consulenti. Inoltre, potrebbe essere necessario includere nel gruppo dei destinatari anche investitori esterni, eventualmente previo distinto consenso del venditore.
  • Responsabilità: La responsabilità per uso improprio di informazioni riservate e altre violazioni dell’NDA dovrebbe essere espressamente disciplinata, ad esempio mediante obblighi di responsabilità e indennizzo, sanzioni contrattuali e/o accordo di liquidazione del danno. La conseguenza giuridica derivante dalla legge può portare anche ad una richiesta di risarcimento del danno nonostante l’assenza di una specifica previsione contrattuale, ma nella maggior parte dei casi sarà difficile provare e quantificare il danno effettivo.
  • Altre disposizioni: Altre disposizioni di un NDA spesso includono:
    • Regole in materia di informazioni sensibili per prevenire una violazione del diritto della concorrenza (es. obbligo dell’acquirente di formare un team per rivedere tali informazioni sensibili, il cosiddetto clean team);
    • Disposizioni di esclusività;
    • Restituzione e distruzione delle informazioni riservate ed eccezioni ad esse;
    • Clausole di non sollecitazione nei confronti dei dipendenti chiave a danno del potenziale acquirente;
    • Divieto di contatto ed eccezioni allo stesso;
    • Durata dell’NDA (fino a due o tre anni comuni in pratica);
    • Legge applicabile e giurisdizione.

In un processo di M&A, generalmente prima di avviare la due diligence, le parti coinvolte nella transazione prevedono la sottoscrizione di un Memorandum of Understanding (MOU) al fine di definire le linee guida dell’operazione, ad esempio precisando l’estensione e gli obiettivi della due diligence, le aree di indagine specifiche, la durata e i soggetti coinvolti nel processo di due diligence, il termine temporale che le parti concordano per addivenire ad una accordo definitivo, l’esclusività della trattativa riservata al potenziale acquirente, la metodologia di determinazione del prezzo, la composizione delle variabili considerate nella formula del prezzo, le clausole di salvaguardia per l’acquirente nella ritenzione di parte del prezzo a copertura di sopravvenienze o insussistenze passive non intercettate in fase di due dilignece, ed altro ancora.

Il MOU è sostanzialmente una lettera d’intenti (anche “LOI”), cioè un accordo tra due o più parti delineato in un documento formale, non giuridicamente vincolante, ma espressione della reciproca volontà delle parti di portare avanti un contratto.

Esso rappresenta il punto di partenza per i negoziati relativi ad una transazione commerciale, definendo la portata e lo scopo dei colloqui relativi ad un processo di acquisizione, di fusione o di joint venture, e descrivendo le linee generali di un accordo che due o più parti coinvolte in una negoziazione hanno raggiunto, congiuntamente all’espressione degli obiettivi e delle aspettative reciprocamente accettate.

Sebbene il MOU non sia giuridicamente vincolante, consente alle parti di prepararsi alla firma di un contratto spiegando i concetti generali e le aspettative del loro accordo, infatti, comunicare in termini chiari ciò che ciascuna parte spera di ottenere può essere essenziale per la regolare redazione ed esecuzione del futuro contratto, prevenendo eventuali future controversie.

Il più grande svantaggio di un MOU, tuttavia, è che non è legalmente vincolante. Sebbene in alcuni casi questo possa essere un vantaggio, dal momento che nessuna delle parti è tenuta a fare ciò che dice nel MOU, possono semplicemente andarsene o cambiare le loro aspettative. La creazione dei MOU può richiedere molto tempo e la pianificazione e se una parte cambia completamente i propri requisiti, la creazione del MOU è stato un grande spreco di risorse.

In una di compravendita aziendale (Sale and Purchase Agreement – SPA) non è infrequente inserire una clausola c.d. di “Earn-Out”, intendendo con tale termine una clausola sospensiva del pagamento del prezzo convenuto, al verificarsi di determinati requisiti basati su performance prospettiche della Target Company, preventivamente identificati dalle parti e nei termini contrattualmente convenuti successivi all’acquisizione.

Le clausole di earn-out possono essere basate su indicatori economici quali cash flow, fatturato e più spesso l’ebit e l’ebitda, così come possono essere legati al raggiungimento di obiettivi commerciali e di business quali ad esempio l’acquisizione di nuove commesse in altre nazioni, l’acquisizione di determinate quote di mercato, l’omologazione di nuovi prodotti o l’ingresso dei propri prodotti in nuove catene distributive estere.

Può essere altresì prevista una clausola di reverse earn-out a favore del compratore, rappresentata da una riduzione del prezzo, ove la Target Company, nel periodo immediatamente successivo all’acquisizione, non raggiunga gli obiettivi concordati e considerati ragionevolmente certi dalle parti e sulla base dei quali avevano concordato il prezzo di cessione.

Con il termine “Leverage Buy-Out” si è soliti intendere un processo di compravendita aziendale mediante indebitamento.

Generalmente in un’operazione di Leverage Buy-Out il compratore costituisce una società veicolo che, dopo aver acquisito le risorse necessarie per l’operazione di acquisizione della Target Company mediante indebitamento finanziario, effettua l’acquisto e procede poi alla fusione per incorporazione.

Tale tipo di operazione risulta efficacie solo nell’ipotesi di Target Company con redditività e cash flow sufficienti a far fronte al rimborso dell’indebitamento finanziario sottoscritto in modo funzionale all’operazione di acquisizione e presuppone che la Target Company sia pertanto caratterizzata da un basso grado di leva finanziaria (indebitamento).

Il “Management Buy-Out” consiste in un’operazione di acquisizione d’azienda da parte del proprio management ed è utilizzata in occasione di un delisting delle azioni o del ritiro da un mercato da parte della casa madre, quando gli amministratori ritengono di poter operare autonomamente ancora con buone prospettive di crescita, ovvero quando gli amministratori acquistano l’azienda in prospettiva di una futura rivendita, spesso mediante un’operazione di leverage buy-out.

La clausola locked-box prevede la determinazione di un prezzo fisso, concordato tra le parti ad una determinata data (c.d. “locked-box date”), solitamente prossima all’operazione, escludendo aggiustamenti prezzo collegati alla diversa Posizione Finanziaria Netta (PFN) tra la data di riferimento e il closing.

Il metodo del “closing accounts” determina il prezzo di un’azienda in base al suo bilancio alla data di chiusura dell’operazione.

Questo implica che il prezzo può essere soggetto a regolazioni in base alle variazioni del patrimonio netto tra la data di firma e quella di chiusura, o in relazione a cambiamenti negli indicatori come l’EBITDA e il PFN.

I vantaggi di questo approccio includono la capacità di riflettere il vero valore dell’azienda alla data di chiusura, fornendo una sorta di assicurazione per l’acquirente. Se il patrimonio netto diminuisce tra la firma e la chiusura, l’acquirente avrà l’opportunità di pagare un prezzo inferiore.

Tuttavia, ci sono anche degli svantaggi. In primo luogo, c’è un grado di incertezza sul prezzo effettivo dell’operazione M&A fino alla data di chiusura, inoltre, il processo può richiedere più tempo in quanto implica la preparazione e la negoziazione di un bilancio di chiusura, il che può prolungare i tempi complessivi dell’operazione.

Le “dichiarazioni e garanzie” (Representations and Warranties, o R&W) sono presenti nella maggior parte degli accordi di acquisizione, con l’obiettivo di delineare circostanze e fatti relativi alla target oggetto di acquisizione. Le R&W sono strumenti utilizzati per distribuire reciprocamente i rischi tra le parti coinvolte nell’operazione.

In caso di violazione delle R&W, la parte che ha fatto la dichiarazione è tenuta a risarcire l’altra per le perdite subite. Tuttavia, ci sono limiti all’indennizzo, e la negoziazione delle R&W è spesso una parte significativa dei negoziati tra acquirente e venditore.

Le trattative si concentrano principalmente sulle “fundamental warranties,” che riguardano gli aspetti fondamentali sui quali l’acquirente ha basato la decisione di procedere con l’acquisizione, e sull’esposizione del venditore alle richieste di indennizzo, sia in termini temporali che di importo garantito.

Le clausole di indennizzo operano per un periodo limitato, e l’esposizione del venditore è di solito limitata in termini di importo garantito attraverso clausole che stabiliscono il massimale, la franchigia, e altre condizioni.

La due diligence svolge un ruolo cruciale nell’individuare i rischi legati alla target e nella predisposizione di clausole contrattuali per limitare i contenziosi futuri. Un esempio pratico riguarda la gestione passata dei rapporti di lavoro e delle risorse umane, dove è importante verificare la conformità contrattuale, l’adempimento degli obblighi assistenziali e previdenziali, e altri dettagli che possono avere implicazioni fiscali e previdenziali. La previsione di tali clausole mira a limitare i rischi di contenzioso e ad evitare problematiche future.

Il metodo DCF (Discounted Cash Flow), noto da tempo e ampiamente utilizzato nelle valutazioni d’azienda, è spesso impiegato nella pratica delle fusioni e acquisizioni (M&A). Esso appartiene ai metodi assoluti e viene frequentemente associato a una seconda valutazione basata sui multipli.

La scelta iniziale del perito valutatore, quando utilizza il metodo DCF per valutare un’azienda, riguarda la decisione tra adottare la prospettiva “Asset side” o “Equity side”.

Nell’approccio “Asset side”, si stima il valore dell’Equity in modo indiretto, valutando il capitale operativo dell’azienda e detraendo la posizione finanziaria netta. Questo approccio è chiamato Unlevered DCF e considera il capitale investito indipendentemente dalla fonte di finanziamento. Il tasso di attualizzazione è il WACC (Weighted Average Cost of Capital).

Invece, con l’approccio “Equity side”, si stima direttamente il valore dell’Equity (Levered DCF), considerando i flussi finanziari riservati agli azionisti e utilizzando il CAPM (Capital Asset Pricing Model) come tasso di attualizzazione.

In passato, l’approccio prevalente in Italia era l'”Equity side”, ma negli ultimi 15-20 anni l'”Asset side” ha guadagnato popolarità, soprattutto tra le Banche d’affari e nel Private equity.

L’approccio “Asset side” è preferito quando la leva finanziaria è ampiamente utilizzata per lo sviluppo aziendale. Tuttavia, l’indebitamento aziendale deve essere gestito intelligentemente, poiché può influire sulla redditività e sul futuro dell’azienda. L’uso dell’approccio “Asset side” è efficace solo se si assume che il valore dell’azienda dipenda dai flussi prodotti dagli asset, indipendentemente dalla loro distribuzione tra azionisti e titolari del debito.

Le differenze nei due approcci nella determinazione del cash flow e del tasso di attualizzazione sono evidenziate, indicando che, in teoria, dovrebbero fornire risultati simili, ma nella pratica possono variare a causa dei numerosi parametri utilizzati.

Il metodo “Asset side” utilizza il WACC, considerando sia l’Equity che il debito. Nel metodo “Equity side”, si utilizza il CAPM, concentrandosi solo sul costo dell’Equity.

In conclusione, il DCF è uno strumento fondamentale per la valutazione d’azienda, e la scelta tra “Asset side” e “Equity side” dipende dalle caratteristiche specifiche dell’azienda e dall’approccio preferito in base alla pratica finanziaria adottata.

L’art. 14 del D.lgs 472 del 1997 disciplina la responsabilità solidale del cessionario/conferitario per i debiti fiscali (imposte e sanzioni) del cedente/conferente nei limiti del valore del ramo d’azienda conferito, riferibili alle violazioni commesse nell’anno del conferimento e nei due precedenti.

La responsabilità solidale del cessionario/conferitario prevede comunque delle limitazioni:

  1. è prevista la preventiva escussione del conferente;
  2. si riferisce solo ai debiti risultanti agli atti dell’amministrazione finanziaria alla data del conferimento e nei due anteriori;
  3. c’è la possibilità di chiedere un certificato dei carichi pendenti che se nullo o se non rilasciato entro 40 giorni dalla richiesta ha effetto liberatorio.

Diversamente, sotto il profilo civilistico, l’art. 2560 del codice civile dispone che il cessionario/conferitario risponde dei debiti relativi all’azienda ceduta/conferita se essi risultano dai libri contabili obbligatori del cedente/conferente. Con riferimento invece ai terzi, l’alienante/conferente è liberato dai debiti relativi all’azienda ceduta/conferita solo se i creditori vi acconsentano espressamente.

Nella prassi, talvolta viene inserita nel contratto di cessione/conferimento di azienda una clausola liberatoria, che escludere il trasferimento dei debiti in capo al cessionario, lasciando in capo al conferente la definizione dei rapporti pendenti con i fornitori. Tale clausola, tuttavia, vincola solo le parti, e non i terzi creditori.

Offerta del servizio di consulenza in operazioni M&A

ASB Consulting, forte di una lunga esperienza, si propone come advisor nei processi di acquisizione/cessione aziendale e nelle operazioni societarie straordinarie in genere, offrendo una gamma completa di servizi di consulenza ed assistenza che coprono ogni fase del processo:

  • individuazione delle potenziali società target in funzione delle specifiche richieste dall’acquirente;
  • selezione di soci industriali o di potenziali acquirenti del complesso aziendale;
  • assistenza nelle procedure di due-diligence contabile, fiscale, legale e societaria;
  • consulenza in materia di valutazione dei complessi aziendali o rami d’azienda oggetto di acquisizione/cessione;
  • consulenza contrattuale nella definizione della migliore e più efficiente strategia di acquisizione/cessione;
  • assistenza per trattative con istituti di credito per l’ottenimento di finanza;
  • assistenza nel processo di integrazione gestionale e software dell’azienda acquisita nel sistema contabile e di controllo dell’acquirente.

ASB Consulting offre i propri servizi di advisori in operazioni di M&A, definendo assieme al cliente le migliori strategie di dismissione della proprietà, valutando in modo corretto il complesso aziendale in funzione di una futura cessione, aiutando l’azienda target a migliorare le proprie performace ed il proprio appeal verso possibili acquirenti, pianificando in modo più efficiente possibile il futuro passaggio generazionale, gestendo la la promozione e il posizionamento nel mercato delle aziende di qualsiasi settore affiancandoci agli imprenditori e ai loro professionisti di fiducia

Se desideri avere informazioni più dettagliate sul servizio offerto puoi scrivere direttamente all’indirizzo e-mail info@asbconsulting.it o chiamare il nostro studio al numero 049 8726744. Saremo lieti di rispondere ai tuoi quesiti e chiarire eventuali dubbi.

Oppure compila il modulo qui sotto!